Tra le forme di stress che possono derivare dal lavoro, una peculiare tipologia è quella che può essere riscontrata nella cosiddetta “sindrome del burnout” che rappresenta una vera e propria forma di esaurimento o logorio derivante dalla natura di alcune mansioni professionali.
Più precisamente si tratta di una esperienza soggettiva di cattivo rapporto con il lavoro, che viene vissuta generalmente in una fase successiva ad uno stato di tradizionale stress lavorativo e con una forma grave che ha delle sue caratteristiche specifiche e delle conseguenze negative in termini di salute, di produttività e di soddisfazione lavorativa.
La traduzione italiana della parola “burnout”, che comunemente avviene con il termine “bruciato” (o anche “scoppiato” o “andato in cortocircuito”), permette di descrivere parte delle sensazioni vissute da chi sperimenta lo stato di questa sintomatologia.
Uno sguardo quotidiano sul disagio
La “sindrome del burnout” è una tipologia specifica di disagio psicofisico connesso al lavoro che interessa, in varia misura, diversi operatori e professionisti che sono impegnati quotidianamente e ripetutamente in attività che implicano le relazioni interpersonali.
Come sottolineano i risultati di alcune osservazioni sull’incidenza del fenomeno su mestieri differenti, il burnout colpisce in misura prevalente coloro che svolgono le cosiddette professioni d’aiuto o “helping professions” ma anche coloro che pur, avendo obiettivi lavorativi diversi dall’assistenza, entrano continuamente in contatto con persone che vivono stati di disagio o sofferenza.
Di conseguenza questo problema è stato riscontrato in modo predominante in coloro che operano in ambiti sociali e sanitari come medici, psicologi, assistenti sociali, counselors, esperti di orientamento al lavoro, fisioterapeuti, operatori dell’assistenza sociale e sanitaria, infermieri, missionari e operatori del volontariato.
Le tre facce del burnout
Il disagio da burnout comprende tre vissuti che rappresentano le dimensioni fondamentali del problema da tenere in considerazione nelle valutazioni del problema.
La prima caratteristica è quella dell’esaurimento emotivo che è vissuto come un inaridimento interiore e come la sensazione di non avere più qualcosa da dare ai propri utenti.
La seconda dimensione tipica del problema è chiamata depersonalizzazione e corrisponde con una tendenza a reagire in modo freddo o persino cinico-aggressivo nei confronti delle persone che sono destinatarie della propria attività lavorativa, una risposta che spesso aumenta paradossalmente di fronte al tentativo di far sentire il proprio malessere da parte dell’utente.
La terza particolarità del burnout è la presenza di una ridotta realizzazione lavorativa che determina una sfiducia nelle proprie capacità e competenze ma anche una diminuzione delle ambizioni di successo che spesso trasforma il lavoro in una attività condotta esclusivamente per mantenere la propria remunerazione.
Come per altre problematiche lavorative è particolarmente importante la conoscenza del problema da parte dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché la possibilità di monitorare i livelli di questa tipologia di stress, sia con opportuni strumenti somministrati periodicamente dai professionisti esperti in questo tipo di valutazioni, che attraverso la costante osservazione delle ricadute del problema sul benessere emozionale, sulle capacità di mantenere l’attenzione nelle proprie mansioni, sulla serenità nel rapporto con l’utenza e sulla qualità del servizio offerto.
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